Domande di revisione

Domanda di revisione cinematografica

La domanda di revisione cinematografica è il documento presentato da un legale rappresentante della casa di produzione per ottenere il nulla osta necessario alla proiezione in pubblico del film. La domanda (protocollata con numero e data) viene presentata alla Commissione di revisione del Ministero competente (Turismo e Spettacolo). Tale organismo è incaricato di visionare la sceneggiatura ed assistere alla proiezione per verificare che la pellicola in oggetto non presenti elementi in conflitto con le leggi vigenti. La Commissione può ravvisare dialoghi, scene e motivi di offesa tali da suggerire o imporre precisi tagli o modifiche cui la produzione deve immediatamente provvedere. L’organismo ministeriale può rendere necessaria la convocazione del regista, del produttore e degli sceneggiatori per chiarimenti in merito alla costruzione del film. I membri possono stabilire (a maggioranza) anche l’opportunità di limitare la visione in pubblico ai minori di 14 o 18 anni. La legislazione è stata ulteriormente definita con la legge n° 161 del 21 aprile 1962. La concessione del nulla osta per la proiezione permette alla pellicola di circolare liberamente nelle sale, ma non impedisce l’eventualità di iniziative giudiziarie. Le singole procure, su iniziativa di singoli magistrati o associazioni pubbliche, possono ravvisare gli estremi per provvedimenti di sequestro temporaneo o definitivo del film.

Le speciali Commissioni 

Come da normativa, operano in autonomia su due diversi livelli di valutazione, se necessario. Ad un giudizio di ‘primo grado’ – obbligatorio per ogni lavoro – si accosta un eventuale ‘appello’, secondario tanto per occorrenza quanto per urgenza.

La Commissione di primo grado

L’Amministrazione pubblica ripartisce il lavoro di visione e valutazione a ciascuna delle otto sezioni della Commissione di primo grado. La presenza di elementi con competenze piuttosto diversificate nel campo in questione – un docente di diritto, un esperto di psicologia dell’età evolutiva o di pedagogia, due rappresentanti della cultura cinematografica (critici, studiosi ed autori), due genitori designati dalle associazioni maggiormente rappresentative, una delegazione di due membri delle categorie di settore maggiormente rappresentative, nonché, per il solo esame delle produzioni che utilizzano in qualunque modo gli animali, da un esperto designato dalle associazioni per la protezione degli animali maggiormente rappresentative – assicura un giudizio d’insieme ampio oltre che incondizionato. La nomina dei membri afferenti alla Commissione – di cadenza biennale – è, ad oggi, prerogativa del Ministro per i Beni e le Attività Culturali.

La Commissione di secondo grado

Il compito della Commissione di secondo grado consiste, invece, nel valutare – a posteriori – eventuali ricorsi di produttori/distributori dei lavori, contro il giudizio espresso in primo grado.
La costituzione dell’organismo in questione è composta, ad oggi, da due sezioni unite della Commissione di primo grado, diverse da quella che ha emesso il primo parere, e chiamate a svolgere un’attività differente dalla precedente.

Tanto nell’adunanza di primo grado, quanto in quella di secondo grado, l’autore e il richiedente del nulla osta dell’opera in revisione possono e, se ne facciano richiesta, devono essere uditi. Qualora la Commissione non ravvisasse nel film elementi di offesa, l’Amministrazione potrà procedere automaticamente al rilascio del nulla osta per la proiezione in pubblico del film sull’intero territorio nazionale ed autorizzarne l’esportazione.
E’, inoltre, potere delle Commissioni lo stabilire il grado di divieto da attribuire al film – 14 o 18 – in relazione alla ‘particolare sensibilità dell’età evolutiva’. L’emissione di un divieto totale alla proiezione pubblica del film – giudicato offensivo nel suo complesso o in relazione a singole scene/sequenze – dovrà essere motivata adeguatamente, oltre che apertamente, dai componenti delle due Commissioni.
Nel caso estremo in cui anche il parere della Commissione di secondo grado non venga accettato dai richiedenti il nulla osta, non è escluso il ricorso al Consiglio di Stato.

La diffusione in tv: norme e restrizioni

La normativa regola, infine, la questione relativa alla diffusione dei film in tv. Secondo la legge originaria – e i suoi successivi aggiornamenti – nessun film privo di ‘visto di censura’, o ‘vietato ai minori di 18 anni’ può essere trasmesso dai canali in chiaro (in alcuna fascia oraria). Per i lavori proibiti ai minori di 14 anni, la restrizione è decisamente più contenuta. La normativa permette, infatti, la loro trasmissione nelle sole fasce orarie successive a quella del prime time (dalle 22:30 alle 7:00).
La discriminante motiverebbe, in conclusione, la presentazione di ‘seconde edizioni’ di film in origine ‘vietati ai minori’, desiderosi di ottenere il nulla osta di trasmissione.
Gli ‘alleggerimenti’ subiti dal film, proposti dal richiedente o dall’avente diritto, sottoposti ed accettati dalla Commissione, contribuirebbero alla riduzione (nei casi migliori alla totale eliminazione) del divieto, permettendo, di fatto, la diffusione televisiva del lavoro (in qualunque fascia oraria).

Nasce un campione (1953)

Prima edizione

I sette contadini (1953)

Prima edizione

L’assassino (1961)

Prima edizione

Presentazione prima edizione

Seconda edizione

I giorni contati (1962)

I giorni contati uscì nelle sale col divieto alla visione per i minori di anni sedici. Alla domanda di revisione, presentata il 19 gennaio 1962, il Ministero del Turismo e dello Spettacolo rispose con la concessione del nulla osta per la distribuzione nelle sale solo ad una precisa condizione: «Con la presente si dichiara che nel dialogo del film in oggetto debbono essere applicate le seguenti indicazioni: nella scena in cui il “mazzolatore” tenta di rompere il braccio a Cesare sia eliminata la parola “mignotta” ripetuta due volte e la parola “stronzo” ripetuta più volte». La Titanus, applicando la richiesta, produsse un documento in cui venivano mostrati i cambiamenti nel dialogo. La frase di Vinicio, «Pensa ai milioni, Cesare, pensa ai milioni. Du’ milioni, te prendi la mignotta» fu mutuata in «Pensa ai milioni, Cesare, pensa ai milioni. Du’ milioni, te prendi ’na donna, due, tre…». La risposta di Cesare «Eh, la mignotta» fu trasformata in «Sì, quattro!». L’espressione di Vinicio «Stronzo… tu sei uno stronzo…» fu cambiata in «Morto di fame… tu sei un morto di fame…». Il Ministero accettò le modifiche e concesse il nulla osta per la pratica numerata 36648 nel marzo del 1962. Uno dei motivi per cui non fu possibile evitare il divieto alla visione per i minori di sedici anni è riferibile alla natura della scena indicata nella sceneggiatura col numero 13: il bacio al cinema. È il momento in cui Cesare e Giulia osservano due giovani che, poche file più indietro, si baciano appassionatamente. Per ottenere l’approvazione ministeriale della seconda edizione del film in formato dvd, senza divieti, Rai Cinema ha ridotto la scena “incriminata” di sette secondi e presentato domanda di revisione (n. 101717) il 5 maggio 2008. Su parere espresso dalla commissione cinematografica di primo grado, la domanda è stata accettata il 4 febbraio 2009.

Prima edizione

Presentazione prima edizione

Seconda edizione

Il maestro di Vigevano (1963)

Nella domanda di revisione presentata al Ministero del Turismo e dello Spettacolo (n. 41887 del 17 dicembre 1963) così è descritto il soggetto del film: «Il maestro Antonio Mombelli (Alberto Sordi) insegna da vent’anni nelle scuole di Vigevano, dove vive con la moglie Ada e il figlio Rino. Sono gli anni del miracolo economico, delle automobili di lusso, della febbre del benessere che ha contagiato la piccola borghesia di provincia, soprattutto a Vigevano, dove fiorisce l’industria delle calzature. Invece la famiglia del modesto maestro elementare vive nelle ristrettezze e nelle rinunce. La moglie Ada vorrebbe che il marito lasciasse l’insegnamento per darsi all’industria delle calzature; lei stessa e il figlio si mettono a lavorare in una fabbrica. Per il maestro Mombelli è una vergogna. Irriso e disprezzato dalla moglie si dimette dalla scuola e, con la liquidazione, apre una piccola fabbrica artigianale di calzature. Le cose sembrano andar meglio, ma poi l’ex maestro Mombelli commette l’ingenuità di rivelare alcuni segreti fiscali e la Finanza fa chiudere la piccola Ditta. Mombelli riesce ad evitare un’azione legale, ma la famiglia è ormai sbandata. Ada rientra tardi la notte: il marito la spia e scopre che lei si reca in un Motel con il ricco industriale Bugatti. La coppia fa in tempo a fuggire, ma nella corsa l’auto esce di strada e Ada rimane uccisa. Mombelli, rimasto vedevo con un figlio, ritorna alla scuola: forse, tra i vecchi banchi, riuscirà a trovare l’equilibrio di una vita sconvolta dal desiderio di un benessere pagato a troppo caro prezzo».

La prima sessione della Commissione di revisione, riunitasi il 17 dicembre 1963, diede parere favorevole alla proiezioni in pubblico senza limitazioni d’età. Il nulla osta fu però vincolato all’obbligo di sopprimere la scena «della peripatetica con un occasionale cliente», quella tra la prostituta Eva ed un camionista, «e precisamente dal punto in cui i due, dopo essersi avvicinati alla siepe, si distendono per terra dando vita all’amplesso fino alla scena successiva». La soppressione fu dichiarata dallo stesso De Laurentiis nel documento del 21 dicembre che certificava «il taglio sul negativo e su tutte le copie che saranno stampate».

Prima edizione

Presentazioni prima edizione

Fascicolo aggiuntivo

Nudi per vivere (1963)

Il produttore Lorenzo Pegoraro presentò la domanda di revisione per il lungometraggio a colori il 9 novembre 1963 (domanda n. 41657). La commissione ministeriale fu spietata: «[…] Il film non è suscettibile che di un giudizio negativo. Non può esservi infatti dubbio che esso è un prodotto destinato a stimolare l’appetenza sessuale degli spettatori, e sotto questo aspetto soltanto supererebbe già il limite dei film sexy, che hanno purtroppo trovato un mercato facile e che concorrono ad accrescere il pericolo di un continuo decadimento del costume dal punto di vista del pudore e della morale sessuale. […] Le scene dall’inizio alla fine costituiscono un pornografismo che richiama ed esalta gli istinti sessuali più volgari e può stimolare eventuali tendenze ad appagamenti di desideri insani […] si aggiungono scene nelle quali la sessualità è associata all’aggressività e alla violenza, onde è reale il pericolo che esse possano suscitare ed esaltare tendenze sado-masochistiche latenti nell’inconscio dello spettatore […] altre descrittive di equivoci ambienti di deviazioni sessuali e di travestimenti […] altre in cui si deforma l’interpretazione dei capolavori dell’arte e si corrompe perciò il sentimento morale. […] Le suddette considerazioni convincono, pertanto, della necessità che sia vietata la proiezione in pubblico del film» (Roma, 26 novembre 1963). Su richiesta del produttore Pegoraro (datata 3 dicembre 1963, numero di protocollo 4986), una Commissione di revisione di secondo grado visionò la pellicola cui erano stati apportati una serie di tagli e sancì – in data 12 dicembre 1963 – che il film poteva ottenere il nulla osta con obbligo di vietarne la visione ai minori di anni diciotto. La descrizione dei tagli approvati è un prodigioso esempio di comicità involontaria. Tra le scene eliminate compaiono: «passaggi di 4-5 ragazze con cestino appeso all’altezza del basso ventre», «ragazza in piedi con telefono appeso all’altezza del basso ventre», «la donna e lo studente mezzi nudi si abbracciano sdraiati», «anziana che fuma col bocchino e segue la scena con sguardo lascivo», «donna che si avvia verso un letto scoprendo tra le mani una frusta», «dettaglio del bacino di una negra che, toltasi la sottoveste, la sta arrotolando a ritmo di danza», «un travestito davanti allo specchio in cui si riflettono altri due travestiti», «dettaglio di schiena completamente nuda di un invertito che si trucca davanti allo specchio». Il 4 aprile 1964 la Procura della Repubblica di Roma recepì l’ordinanza emessa dal medesimo organo di Palermo, con ordinanza n. 2021/64 del 7 marzo (a norma degli articoli 337 C.P.P., 528 C.P. e seguenti della legge 21.4.1962 n. 161), ordinando con massima urgenza il sequestro della pellicola su tutto il territorio nazionale. Il Tribunale di Roma pronunciò la stenta definitiva nel luglio 1964: il film non sarebbe più tornato nelle sale. Una copia della pellicola, sfuggita alla distruzione, fu ritrovata molti anni più tardi presso la Cineteca Nazionale.

Prima edizione

Presentazione prima edizione

Presentazione nuova versione

Sentenza del Tribunale di Roma Luglio 1964

Alta infedeltà (1964)

Il produttore Lorenzo Pegoraro presentò la domanda di revisione per il lungometraggio a colori il 9 novembre 1963 (domanda n. 41657). La commissione ministeriale fu spietata: «[…] Il film non è suscettibile che di un giudizio negativo. Non può esservi infatti dubbio che esso è un prodotto destinato a stimolare l’appetenza sessuale degli spettatori, e sotto questo aspetto soltanto supererebbe già il limite dei film sexy, che hanno purtroppo trovato un mercato facile e che concorrono ad accrescere il pericolo di un continuo decadimento del costume dal punto di vista del pudore e della morale sessuale. […] Le scene dall’inizio alla fine costituiscono un pornografismo che richiama ed esalta gli istinti sessuali più volgari e può stimolare eventuali tendenze ad appagamenti di desideri insani […] si aggiungono scene nelle quali la sessualità è associata all’aggressività e alla violenza, onde è reale il pericolo che esse possano suscitare ed esaltare tendenze sado-masochistiche latenti nell’inconscio dello spettatore […] a

Presentazione prima edizione

Pubblicità prima edizione

Presentazione seconda edizione

La decima vittima (1965)

La decima vittima ottenne il nulla osta di proiezione in pubblico il 27 novembre 1965 dalla commissione ministeriale. La domanda di revisione (n. 46068) era stata presentata tre giorni prima dall’avvocato Arnaldo De Paolis, legale rappresentante della compagnia cinematografica Champion con sede a Roma in via Ara Coeli 1. La commissione stabilì che la proiezione in pubblico fosse vincolata al divieto per i minori di anni diciotto «poiché nel film si notano sequenze a sfondo erotico». La motivazione conteneva anche un’osservazione supplementare: «La trama sia pure con sfondo ironico e satirico s’impernia sulla legalizzazione dell’omicidio e il disprezzo della vita umana. Il tutto si stima contrario alla particolare sensibilità dei minori». Ursula Andress diventò il sogno proibito degli adolescenti.

Prima edizione

Presentazione prima edizione

Seconda edizione

A ciascuno il suo (1967)

Giuseppe Zaccariello presentò la domanda di revisione (n. 48625) l’8 febbraio 1967. Nel documento ufficiale la trama del film era così sintetizzata: 

«In un paese della Sicilia vengono uccisi due uomini: il farmacista Manno e il dottor Roscio. Le indagini della Polizia concludono che gli assassini hanno agito per motivi d’onore nei confronti di Manno e che Roscio è stato ucciso in quanto aveva assistito all’omicidio. Paolo Laurana, un professore di liceo, giunge invece alla conclusione che: le persone incriminate sono estranee al fatto; la vera vittima da colpire era Roscio e non Manno; l’assassinio è stato commesso da un sicario di nome Raganà. Tali conclusioni le confida all’avvocato Rosello, cugino della moglie di Roscio, e a Luisa, la vedova del dottore. Laurana, coadiuvato da Luisa, prosegue nelle indagini e scopre un diario di Roscio nel quale si legge che questo voleva denunciare Rosello per alcune attività illegali. A queste rivelazioni Laurana comprende di aver confidato i suoi sospetti proprio al mandante dell’omicidio ma non immagina che anche Luisa, innamorata di Rosello fin da bambina, è complice del delitto. Egli decide di denunciare Rosello, ma Luisa, apparentemente d’accordo con lui, lo tradisce conducendolo ed abbandonandolo in un luogo dove Raganà lo raggiunge e lo uccide. Finalmente al sicuro, Luisa e Rosello si sposano».

In data 10 febbraio 1967 la commissione ministeriale di primo grado vietò la visione ai minori di anni diciotto perché «a prescindere dagli intenti che il racconto si propone, restano scoperti ed incombenti il comportamento civico dei protagonisti e la supina complicità dell’ambiente, nonché l’ideazione e l’esecuzione diabolica di tre omicidi; il tutto controindicato alla particolare sensibilità dell’età evolutiva dei predetti minori». La richiesta di annullamento del divieto presentata dalla Cemo Film Spa non fu accolta.

Il 17 febbraio il sostituto procuratore della Repubblica di Roma, dottor Pasquale Pedote, ordinò il sequestro del manifesto del film realizzato da Sandro Simeoni. Sul quotidiano La Stampa del 18 febbraio 1967 si leggeva: «Il cartellone riproduce una scena del film con Gian Maria Volonté e Irene Papas. Il magistrato ha anche incriminato il titolare della tipografia, Guadagno, e il capo dell’ufficio stampa della casa distributrice della pellicola, Alessandro Simeoni. L’accusa è di aver stampato e diffuso manifesti contrari alla decenza. Il processo è stato fissato dinanzi alla quarta sezione del Tribunale per il 28 febbraio». In un’intervista lo stesso Simeoni dichiarò: «Non potendo colpire Sciascia che allora era un personaggio impegnato politicamente nello scrivere, né il signor Elio Petri, censurarono la pubblicità giudicandola immorale: era una scena di un bacio tra un uomo e una donna. Io fui condannato non solo come autore, ma anche come capo ufficio stampa perché dissero che avevo dato il beneplacito a questo manifesto». Simeoni fu condannato al pagamento di un ammenda di 150.000 lire. L’accusa aveva sostenuto che nell’immagine ripresa dal manifesto si faceva riferimento ad una scena in cui Volonté si adagiava sul corpo della Papas con un intento violento e contro la volontà della protagonista femminile. La grafica subì le opportune modifiche. Circolarono manifesti di diversa misura e con impaginazione in cui compariva anche la scritta “cosa nostra” ed il proverbio “Chi è sordo, orbo e tace campa cent’anni in pace”.

Prima edizione

Presentazione prima edizione

Seconda edizione

Un tranquillo posto di campagna (1968)

Nella domanda di revisione presentata dai legali della PEA al Ministero del Turismo e dello Spettacolo (n. 52702 del 5 novembre 1968) così viene illustrata la trama del film: «Protagonista della storia è un giovane pittore Pop soggetto a un duplice condizionamento: il primo, di carattere commerciale, è connesso con l’attività della sua amante, Flavia, proprietaria di una galleria d’arte; il secondo derivante dalla sua nevrosi. Infatti il nostro pittore stanco del condizionamento impostogli dalle esigenze di mercato e logorato dal ritmo della vita moderna in una metropoli come Milano, lascia la città per rifugiarsi in campagna, in una vecchia e decaduta villa veneta. Questa fuga verso la natura lo riporta alla propria ispirazione più genuina ed autentica fino a quando al pittore appare la sagoma di un fantasma: Wanda, una ragazza morta durante un bombardamento aereo nell’ultima guerra, che a suo tempo dimorava nella villa. In una atmosfera nera ed umoristica si svolge la trama del nostro film, che si conclude con l’arresto dell’omicida reale di Wanda, l’inserimento in manicomio del pittore, dove trova ancor più la propria ispirazione aumentando di quota nel mercato e lo sfruttamento, da parte di Flavia, delle sue opere mercanteggiate con il cambio di riviste pornografiche».

In data 21 novembre 1968 la commissione ministeriale di revisione di primo grado concesse il nulla osta per la proiezione in pubblico con l’obbligo di vietarne la visione ai minori di anni diciotto. Tale limitazione fu resa necessaria anche in ragione del fatto che il regista e il produttore, interpellati dai membri, «hanno dichiarato di non essere disposti a fare numerosi e sostanziali tagli». I motivi del divieto erano giustificati dal fatto che «le varie sequenze del film in cui sono rappresentati gli stati di esaltazione mentale del protagonista, sono di carattere impressionante e raccapriccianti, controindicate alla sensibilità dell’età evolutiva dei predetti minori». Nel rapporto ministeriale si fa anche riferimento alla posizione del consigliere dottor Bartolomei e del professor Sesso (mai cognome fu più sconveniente) che avevano espresso parere contrario alla concessione del nulla osta «in quanto nel film è rappresentata la depravata ed esasperata sessualità di un folle, che si estrinseca in atto di sado-masochismo e di sadismo misto a necrofilia erotica e che è descritta in maniera talmente esplicita da essere di sprezzante contrasto con elementari norme del buoncostume».

Prima edizione

Seconda edizione

Presentazione seconda edizione

Terza edizione

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)

In qualità di legale rappresentante della Vera Film Spa, Claudio Bizzarri presentò la domanda di revisione (n. 55475) al Ministero del Turismo e dello Spettacolo il 2 febbraio 1970. Il soggetto delle pellicola era così descritto: 

«Il racconto si articola su due personaggi: lui, è un uomo dal carattere forte e autoritario che gli deriva dal suo lavoro; è infatti il capo della sezione omicidi della polizia; lei, è una donna indipendente che conduce una vita particolare e vive in un appartamento arredato in modo originale. È una donna alquanto strana e capricciosa che prima è entusiasta del nostro protagonista ammirandone la sua forza e il suo prestigio, poi quando viene a finire, lo tradisce e lo rende ridicolo fino al punto che lui la uccide senza alcuna esitazione. Di qui il protagonista, forte del suo ufficio, cerca, durante le indagini, di farsi chiaramente incolpare del delitto, ma nessuno ha il coraggio di farlo (proprio come lui pensava). Ma gli è sfuggito un particolare: di essere stato visto un giorno mentre usciva dalla casa di lei e questa sarà l’unica persona che riuscirà a fargli dire la verità».

La domanda è corredata con i titoli di testa e quelli di coda in cui compare una frase di Franz Kafka: «Qualunque impressione faccia su di noi egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano».

Reca la data del 5 febbraio 1970 il documento che concede il nulla osta alla rappresentazione in pubblico del film. La firma è quella del ministro Franco Evangelisti. Il documento riporta il parere espresso dalla Commissione di revisione cinematografica di primo grado: «La terza sezione della Commissione di revisione cinematografica in data 4.1.70, revisionato il film, ritenuto che il film vuole esprimere prendendo lo spunto dalle autorità di un funzionario di polizia (infantilismo sessuale) dominato dalle arti di una donna sadica che lo sollecita e lo offende e lo spinge quindi al delitto, esprimendo in definitiva l’esaltazione dell’uomo d’ordine democratico che alla stessa si sottomette, conscio della sua colpevolezza. Entro questo schema in chiave ideologica-politica sono peraltro contenute sequenze erotiche con accenni anche a scene sadiche e con linguaggio anche spinto (come “stronza puttana”) per cui si ravvisa d’autorizzare la programmazione in pubblico con il divieto di visione per i minori agli anni quattordici. Sono stati sentiti il regista e la produttrice del film».

A distanza di un anno la produzione si rivolse nuovamente alla commissione di revisione. Con una nuova domanda in carta bollata (18 febbraio 1971) la Vera Film Spa chiese la revoca del divieto ai minori di anni quattordici adducendo un articolato elenco di motivazioni:

«L’opera in esame è stata unanimemente riconosciuta di indiscusso, superiore livello artistico e di particolare valore sociale. Tutta la stampa italiana ha accolto con enorme favore il film, plaudendo alla piena validità artistica dell’opera e ravvisando in essa una vigorosa, esaltante difesa degli ideali democratici contro ogni forma di abuso e deviazione del potere. La stessa Magistratura, nel predisporre l’archiviazione del procedimento aperto dalla Procura della Repubblica di Milano, ha testualmente affermato: “deve ritenersi necessariamente che trattasi di opera di fantasia di particolare espressività che svolge con rigore e ad un livello stilistico elevato un esame critico delle possibili deviazioni del potere e che si risolve in solenne ammonimento per tutti…”. Il carattere educativo del film espresso in forma artistica compiuta supera e travolge il contenuto delle rarissime e brevi sequenze, caratterizzate da accenti di realismo espressivo e verbale e che sono chiaramente strumentali rispetto al contesto dell’opera. Tali sequenze non sono rappresentate “in forma particolarmente impressionante” e, pertanto, il minore degli anni quattordici può vantaggiosamente recepire quanto di educativo il film propone sotto il riflesso politico-sociale, senza rimanere turbato nella sensibilità sia pure considerata in relazione alla sua età evolutiva. Il film si è inserito nel ristretto novero delle Opere di Arte ed ha mietuto i più qualificati ed ambiti premi e riconoscimenti quali: Premio David di Donatello; produttore dell’anno (Consorzio Stampa Cinematografica); gran premio speciale della Giuria di Cannes (Festival 1970); premio della Critica internazionale (Festival Cannes 70); Globo d’Oro della stampa americana; Premio Oscar 71, quale miglior film in lingua straniera».

La commissione ministeriale, in data 22 giugno 1971, respinse la richiesta: «Si comunica che detta domanda non può essere accolta essendo scaduti i termini previsti dall’art. 7 della legge 21.4.1962, n. 161, per il ricorso alla Commissione di revisione cinematografica di secondo grado».

Prima edizione

Presentazione prima edizione

Seconda edizione